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COME PAGO L’AUTO ELETTRICA? INVESTENDO SULLA MIA CASA.

Verso un nuovo modello di economia famigliare attraverso la mobilità elettrica.

 

Di Andrea Roggero

 

 

Il titolo è volutamente una piccola provocazione ed una apparente contraddizione in termini… ma lo è davvero solo in apparenza. Già perché, invece, a ben guardare non è poi così lontana dalla realtà. Magari non quella di oggi. Ma con molta probabilità quella che già si profila all’orizzonte e che vivremo domani, a partire dal prossimo decennio. Vediamo quindi insieme il come ed il perché, attraverso alcuni passaggi logici, strettamente concatenati.

 

Analizziamo prima di tutto i cambiamenti in atto su scala globale, cercando di interpretarne le tendenze in atto che più da vicino riguardano ciascuno di noi. Chi vive nelle grandi città percepisce, come si direbbe in un tribunale “al di là di ogni ragionevole dubbio”, quanto la qualità dell’aria che respiriamo sia sempre peggiore, soprattutto durante determinati periodi ed in presenza di certe condizioni climatiche.

 

Le contromisure finora adottate per arginare questa situazione, differenti da città a città, da regione a regione, in Italia si sono rivelate perlopiù infruttuose e comunque senza alcun risultato apprezzabile sul lungo periodo. Senza volerci addentrare in analisi socio-politiche complesse, vale però la pena notare come tali contro-misure siano quasi sempre repressive (limitazioni o blocchi del traffico, targhe alterne e via dicendo). Mai preventive.

 

In altre parole si cerca di arginarne l’effetto, ma senza mai curarne in profondità la causa. Senza affrontare mai il problema in una ottica strutturale ed infra-strutturale. Bisogna notare come, sia sul fronte immobiliare (emissioni dovute ai riscaldamenti), che su quello della mobilità (emissioni allo scarico), si intervenga sempre e comunque solo con tentativi e palliativi per ridurle, ma mai per cercare di eliminarle del tutto.

 

Al contrario, nei paesi più evoluti economicamente e socialmente, soprattutto nel nord-Europa, il medesimo problema è stato invece affrontato in maniera molto più radicale e con interventi strutturali più profondi. Per quanto riguarda la mobilità la riprova più evidente è, già oggi, la forte espansione delle auto elettriche in quei mercati, supportate da tutto quel che necessita in termini di: diffusione di colonnine per la ricarica sul territorio, ampi parcheggi dedicati, agevolazioni fiscali e politiche commerciali, progetti di car sharing… solo per citare i più importanti. Già oggi un Paese come la Norvegia, con un numero di abitanti complessivo paragonabile a quello di una sola regione italiana, totalizza un interessante 6% di immatricolazioni sul totale di auto elettriche vendute nel mondo (fonte: IlSole24Ore).

 

Quello dell’intervento strutturale è infatti un passaggio essenziale per fare in modo di poter raggiungere in un colpo solo, due obiettivi distinti ma complementari. Da un lato si fa in modo che l’auto elettrica diventi una abitudine, almeno paritaria rispetto a quella con motore termico. Se ne minimizzano gradualmente gli svantaggi più evidenti (autonomia e carenze infrastrutturali per la ricarica), per massimizzarne i vantaggi (l’assenza di emissioni allo scarico, maggiore efficienza nello sfruttare l’energia). Dall’altro lato si interviene affinché l’auto elettrica possa diventare concorrenziale, anche e soprattutto economicamente.

 

Guardando a paesi estremamente avanzati dal punto di vista tecnologico e strutturale come il Giappone, è molto interessante notare che già oggi la quantità di colonnine di ricarica presenti, è pari al numero di stazioni di rifornimento di carburante. E qui arriviamo al primo nodo essenziale che, per quanto ovvio e banale, è prima di tutto un presupposto economico di una logica lampante: qualunque spinta al cambiamento subisce un’accelerazione tanto più rapida, quanto maggiori sono i vantaggi effettivi nel metterla in atto (economici, di praticità, ambientali, etc.).

Oppure, detta in maniera più diretta: le persone fanno quello che a loro più conviene economicamente. E questo è tanto più vero, quanto più è duro il periodo, in termini di crisi economica generale e ristrettezze di spesa. Esattamente come l’ultimo decennio.

 

In questo quadro, l’auto elettrica in Italia, con le sue attuali (desolanti) percentuali a singola cifra bassa sul totale del parco circolante, è ancora vista più come uno strumento per pochi, collocabile, a seconda dei giudizi soggettivi, in una delle variopinte categorie quali: un lussuoso sfizio per ricchi e benestanti, una curiosità per avanguardisti a tutti i costi, un manifesto mobile per ambientalisti irriducibili, uno scomodo strumento di auto-flagellazione per masochisti amanti del brivido e dei viaggi sul carro-attrezzi (e non per problemi di affidabilità, ma per esaurimento della carica).

 

Gli aspetti positivi dal punto di vista ambientale e degli enormi benefici per la salute (che a loro volta incidono in modo sostanziale sulla spesa sanitaria, sia pubblica che privata), non sono ancora percepiti come sufficientemente vantaggiosi, rispetto alla carenza di infrastrutture ed ai costi maggiori rispetto alle alternative tradizionali. Anche perché, e qui arriviamo ad un altro elemento cruciale, dobbiamo fare riferimento a quelli che sono oggi i pilastri di spesa su cui si fonda l’economia di quel nucleo essenziale (sia affettivo che economico) che è la famiglia.

 

Semplificando moltissimo, le principali voci di spesa mensili sono inscrivibili in cinque macro-categorie:

1 Casa                         2 Mobilità                     3 Energia                 4 Cibo                         5 Abbigliamento

                         (auto, moto e scooter)     (gas, energia elettrica)

 

Vi sono naturalmente molte altre voci di spesa che potremmo rubricare come “varie ed eventuali”, dedicate all’acquisto e mantenimento di piccoli e grandi elettrodomestici, alle attività sportive, alle connessioni telefoniche e di rete e via elencando, ma che in termini di peso economico sul totale mensile o come frequenza di spesa non rientrano nelle macro-categorie (a carattere pressoché indispensabile), qui prese in esame.

 

Semplificando, all’interno della nostra economia famigliare, oggi siamo abituati a considerare come distinte ed indipendenti alcune voci che sembrano non avere molta relazione tra loro: la bolletta della luce e la bolletta del gas da un lato; il costo per il pieno di benzina o di gasolio dall’altro. Le prime due siamo portati a considerarle parte della bolletta energetica, mentre la seconda come un costo riferibile ai mezzi di trasporto che utilizziamo. Nella realtà, anche quando facciamo il pieno di benzina o di gasolio, acquistiamo energia: ovvero quella che il motore della nostra auto trasforma poi in energia cinetica.  Questo passaggio sarà tanto più evidente nel momento in cui, in futuro, anziché effettuare il pieno alla stazione di rifornimento, andremo a collegare i nostri mezzi di trasporto elettrici alla presa di corrente di casa nostra.

In quel momento, i costi di acquisto della corrente elettrica per la casa, andranno a sommarsi alla voce di costo principale legata alla mobilità. A questo punto, una domanda più che legittima che sorgerà spontanea sarà: ma rispetto ad oggi, con il passaggio all’auto elettrica, andrò a risparmiare, oppure a spendere ancora di più?

 

Facciamo due rapidi calcoli e qualche considerazione:

Ammettiamo di percorrere mediamente 50 km al giorno, per 30 giorni mensili equivale a 1500 km al mese di percorrenza. Prendendo ad esempio l’auto elettrica più evoluta attualmente sul mercato, la Tesla Model P100S (ovvero con batteria da 100 kWh), costa circa 0,067 euro a Km di energia elettrica. Il consumo varia molto secondo le condizioni di utilizzo, ma assorbe circa 200 / 210 Wh ogni chilometro, che moltiplicati per i 1500 km di percorrenza media equivalgono a 315 kWh di consumo da coprire ogni mese per il fabbisogno legato all’auto elettrica principale. Se poi le auto elettriche in famiglia dovessero essere due, una per ciascun coniuge, i consumi aumentano di conseguenza. Anche ammettendo che la seconda auto sia più piccola e venga utilizzata per percorrenze minori, è verosimile ipotizzare un consumo famigliare medio intorno ai 500 kWh da destinare ogni mese alla mobilità elettrica.

 

Considerando il costo attuale per ogni kWh che in Italia nel 2017 si è attestato intorno ai € 0,21/kWh, ne deriva un costo intorno ai 100 euro al mese per entrambe le auto. Un risparmio di circa il 33%, considerato che la medesima percorrenza a benzina, con un costo di € 1,570 / litro ed un consumo di 6,3 l/100 km porterebbe a consumare circa 100 litri di benzina e quindi a spendere circa 150 euro di benzina.

 

Accantonando per un momento il lato economico, il vero problema è piuttosto un altro: che con la potenza media attuale installata per l’uso domestico (3-4 KWh), ci vorrebbero almeno 24/36 ore (a seconda del livello di carica residua) per effettuare una ricarica completa di entrambi i mezzi. Questo fattore esclude che possano essere sufficienti le sole ore serali e notturne per una ricarica completa.

 

Un capitolo a parte meriterebbero poi le considerazioni sul tipo di tassazioni (accise) che oggi vengono applicate sull’acquisto dei carburanti e che da sole superano di gran lunga il costo reale del carburante stesso. Una logica cinica e spietata lascerebbe supporre che, con l’aumento della quantità di energia elettrica da destinare alla mobilità, anche questa subirà una diversa (e più alta) tassazione, tale da poter recuperare, in tutto od in parte, le mancate entrate dalle accise sui carburanti.

 

In un’ottica di lungo periodo, è pur vero che i consumi delle abitazioni andranno progressivamente a ridursi, per l’entrata in vigore di normative sempre più stringenti e di prodotti sempre più efficienti reperibili sul mercato. Se negli anni ’70 una casa media di ca 100 mq consumava l’equivalente di ca 3500 litri di combustibile ogni anno, negli anni ’80 il consumo si era praticamente dimezzato, per poi dimezzarsi ulteriormente a partire dalla seconda metà degli anni ’90. Oggi nelle regioni con clima temperato è possibile arrivare a costruire case così efficienti che quasi non consumano energia, se non quanto auto-prodotto mediante il proprio sistema fotovoltaico.

 

Un discorso analogo vale per gli elettrodomestici e l’illuminazione che, a parità di prestazioni, consumano sempre meno. D’altra parte però, nonostante l’aumento di efficienza, e quindi una sensibile riduzione, è altrettanto vero che la loro diffusione aumenta sempre di più e sono sempre più potenti. Piccoli e grandi elettrodomestici come computer, lavastoviglie, asciugatrici, telefoni cellulari… che venti anni fa potevano considerarsi oggetti per pochi, oggi sono largamente diffusi ed appartengono sempre di più alla vita quotidiana di moltissime famiglie europee.

 

Se guardiamo al resto del mondo, possiamo invece notare che persistono tuttora grandi disequilibri nella diffusione e distribuzione di mezzi tecnologici e di trasporto. Tornando alle automobili, valutiamo con attenzione questi dati: negli Stati Uniti la diffusione di veicoli è pari ad oltre 800 unità ogni 1.000 abitanti, vale a dire l’80%. Un paese densamente popolato come l’India, nonostante il notevole incremento dei veicoli a motore negli ultimi decenni, ha tuttavia circa 20 veicoli ogni 1.000 abitanti (2%), mentre la Cina si attesta intorno ai 130 veicoli ogni 1.000 abitanti (13%).

Immaginando ora i possibili scenari futuri, un’ulteriore crescita nella diffusione di veicoli sarà insostenibile, sia dal punto di vista energetico, che da quello ambientale. Basta considerare che un’ipotetica diffusione anche in Cina ed India del numero di veicoli per abitante pari agli Stati Uniti, equivarrebbe ad un consumo pari ad un quarto dell’intera produzione mondiale attuale di petrolio. Stessa logica vale per la diffusione degli elettrodomestici e dell’accesso all’energia elettrica che, sebbene oggi si possa considerare diffusa capillarmente, è ancora inaccessibile per circa il 20% della popolazione mondiale.

 

Analizzando in breve il recente passato energetico dell’umanità, è molto interessante notare come all’incirca ogni 100 anni sia cambiata la fonte primaria di energia, per ragioni concomitanti sia di scarsità del bene, che per ragioni di convenienza economica. Si è infatti passati dall’uso del legname al carbone, nel momento in cui, nel corso della prima rivoluzione industriale, il carbone è diventato la risorsa primaria più economica, sia per ragioni di disponibilità, che per via della maggior efficienza energetica che questo poteva garantire rispetto al legno. A partire dalle prime estrazioni di petrolio nella seconda metà dell’800, il carbone è stato quindi gradualmente sostituito dal petrolio, nel momento in cui questo è diventato l’alternativa complessivamente più economica (anche debitamente considerati gli elevatissimi costi umani legati all’estrazione del carbone) e di gran lunga più efficiente. Bisogna tuttavia citare il fatto che il fabbisogno globale di energia è talmente cresciuto negli ultimi 100 anni, da far sì che il legname sia tuttora una risorsa largamente impiegata (con relativo ritmo sostenuto con cui proseguono i disboscamenti in vaste aree del pianeta), ed altresì il carbone sia ancora oggi utilizzato per soddisfare circa il 30% del fabbisogno energetico planetario.

 

Sebbene di gran lunga inferiore all’estrazione del carbone, anche l’estrazione del petrolio ha un costo tutt’altro che trascurabile ed in continua crescita. Varia infatti da un 5% dei costi di estrazione in Medio Oriente, ad un 35% per l’estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose del continente americano, tramite il cosiddetto “fracking”. I costi legati al carbone sono ancora più elevati ed arrivano ad essere il 60-70% dell’energia che se ne può ricavare.

Se poi consideriamo i costi di trasporto, che nel caso del gas attraverso i gasdotti arriva ad essere anche 3 volte superiore rispetto al petrolio, ecco che una valutazione rispetto alle possibili alternative diventa non solo necessaria, ma imprescindibile. Se infine prendiamo in considerazione le tecnologie rinnovabili (pannelli fotovoltaici e turbine eoliche in primis), ecco che sia i costi ambientali che quelli di trasporto si riducono esponenzialmente fino a poter essere prossimi allo zero (nel caso della produzione indipendente per l’auto-consumo), mentre il costo energetico per produrle può essere recuperato nell’arco di 1-3 anni dalla messa in opera.

 

Tutto quanto sopra citato evidenzia un dato tanto palese quanto interessante, ovvero che vi sono tutti i presupposti necessari affinché si profili all’orizzonte un nuovo passaggio a nuove fonti di produzione ed approvvigionamento energetico, quelle rinnovabili, in grado di garantire sia una capillare e largamente diffusa disponibilità, quanto una imbattibile convenienza economica.

Anche il nostro modello di economia famigliare potrà, di conseguenza, esserne positivamente influenzato. Le principali voci di spesa mensili potranno così ridursi a sole tre delle cinque macro-categorie citate in precedenza, dato che Casa+Mobilità+Energia potranno diventare una unica voce di spesa:

 

1 Casa             + Mobilità + Energia                                      2 Cibo                                    3 Abbigliamento

                         

L’auspicato passaggio a tale modello economico potrà quindi avvenire tanto prima… quanto prima le nostre abitazioni diventeranno auto-sostenibili ed indipendenti dal punto di vista energetico. In altre parole, tanto più e quanto prima investiremo nella auto-sostenibilità energetica delle nostre case, tanto prima il puro costo energetico (per non parlare di quello ambientale) dei nostri mezzi di trasporto elettrici andrà drasticamente a ridursi e verrà comunque assorbito da un investimento diretto ed altamente proficuo nelle energie rinnovabili.

 

Queste sono le basi teoriche, etiche ed economiche sulle quali si basa il nostro progetto e che trovano pieno compimento nella impostazione stessa del prodotto, concepito per sfruttare simultaneamente ed in modo sinergico le principali fonti di inesauribile energia rinnovabile che derivano direttamente dagli elementi: sole, acqua e vento.

 

Osservando la devastante forza degli elementi che, per effetto dei cambiamenti climatici, si abbattono con sempre maggiore violenza e frequenza in ogni regione, viene piuttosto naturale pensare che, per continuare a mantenere lo stile di vita a cui siamo abituati, estremamente dipendente dall’energia, ci attende una grande sfida. La più importante sfida che dovremo affrontare in futuro, sarà quella di riuscire a produrre enormi quantità di energia realmente pulita, da fonti rinnovabili. E per far questo non potremo che utilizzare, ancora una volta, l’inesauribile forza del nostro più grande alleato: la Natura. Per vincere questa sfida dovremo quindi imparare ad utilizzare tutta l’energia insita in ogni raggio di sole, in ogni goccia di pioggia, in ogni alito di vento.

 

 
 
 

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